La stratigrafia delle fedi a Buenos Aires

Ci fa molto piacere riportare qui il bell’articolo, pubblicato su Riforma.it,  che Alessandro Esposito ha voluto dedicare al testo di Graciela Frola, “Flores: il quartiere di papa Francesco. Storia, migrazioni, religioni”, recentemente dato alle stampe.

La stratigrafia delle fedi a Buenos Aires. Un libro dedicato a Flores, quartiere multireligioso che simbolizza l’intero Paese.

Capita, piuttosto di rado a dire il vero, di imbattersi in libri che possiedono la capacità di trasportare chi li legge nel luogo che descrivono: dono di cui dispone, senza alcun dubbio, la scrittrice Graziella Frola che, nel suo “Flores: il quartiere di papa Francesco” accompagna per mano il lettore nell’affascinante ed intricato universo della capitale argentina. Lo fa, al contempo, con delicatezza e lucidità, prendendo il quartiere bonarense di Flores quale prisma attraverso cui rileggere le complesse vicende di una città e del Paese di cui essa è icona. Tre, in  particolare, mi sono sembrati i fulcri tematici, le cui trame sono state sapientemente intrecciate, e non appena sovrapposte, dall’autrice. In primis  la storia della evoluzione (o in qualche caso, dell’involuzione) dell’Argentina sotto il profilo socio-economico: questione talmente intricata da dover richiedere, inevitabilmente, uno sguardo sintetico, fonte più di spunti di riflessione che di prospettive definite. In tal senso, l’autrice tratteggia gli aspetti salienti di un percorso accidentato e spesso carsico, con l’equilibrio raro di chi descrive e non giudica : cosa che rende il testo, a giudizio di chi scrive, un’ottima introduzione alle complesse dinamiche che hanno caratterizzato e continuano a caratterizzare la storia politica argentina. In seconda istanza, il libro invita a compiere un affascinante viaggio nel melting-pot che caratterizza sia la storia migratoria dell’Argentina sia il suo presente: anche in questo caso, l’autrice evita sapientemente ogni tono giudicante, dimostrando al contempo la capacità di mettere in rilievo sia gli aspetti positivi di questa convivenza, sia i suoi risvolti niente affatto incoraggianti. In tal senso, le pagine dedicate ai rapporti tra migranti coreani e boliviani nella zona ovest della capitale argentina, sono particolarmente acute ed originali. Quello della convivenza pacifica e del  modello multiculturale pienamente realizzato rappresenta di fatto più un mito che una (sia pur desiderabile e prospettabile) realtà: cionondimeno, una certa propensione alla consapevolezza della diversità in ambito culturale innerva senza alcun dubbio la società argentina, senza per questo metterla completamente al riparo da contraddizioni e tensioni sociali. Infine, l’autrice traccia un  quadro estremamente suggestivo dell’aspetto ecumenico ed interreligioso che ha caratterizzato la storia di Flores e di tutta Buenos Aires nell’arco della sua (tutt’altro che lineare) evoluzione. Estremamente suggestive, a tale proposito, sono le pagine dedicate alle diverse anime della comunità ebraica e quelle che ripercorrono la storia del protestantesimo storico argentino, in seno al quale sia la chiesa valdese che quella metodista hanno rivestito un ruolo di estrema rilevanza, dando vita, tra le altre cose, alla creazione di una facoltà teologica interdenominazionale, che ha avuto in Flores la sua sede e che ha rappresentato per oltre mezzo secolo un riferimento fondamentale sotto il profilo degli studi esegetici e teologici in tutta l’America Latina. In conclusione si tratta di un libro che chi intenda iniziarsi alla conoscenza delle complesse dinamiche che sono sottese alla storia dell’Argentina dovrebbe assolutamente leggere. Cosa a cui invogliano tanto la prosa lineare dell’autrice, quanto le riflessioni ponderate e pertinenti che il libro offre a chi intenda avventurarsi nel bel percorso che si snoda attraverso le sue pagine.

Alessandro Esposito, da “Riforma.it”, 30/07/2019 

La grande musica spagnola al Teatro Regio

Nel programma di opere e balletti della nuova stagione 2019-2020 del Teatro Regio di Torino figura il balletto “Fuego”, creato da Antonio Gades e Carlos Saura, ispirato all’opera di Manuel de Falla “El amor brujo”, che verrà portato in scena dal 14 al 17 novembre prossimi dalla Compañia Antonio Gades; l’orchestra del Teatro Regio in quest’occasione sarà diretta dal maestro Miguel Ortega.

 

Manuel de Falla compose “El amor brujo”, libretto di Gregorio Martinez Sierra, su richiesta della grande danzatrice di flamenco Pastora Imperio; l’opera fu rappresentata per la prima volta a Madrid nel 1915, senza ottenere un grande successo; quindi fu rivisitata dal maestro, che ne realizzò così la versione definitiva in forma esclusivamente danzata. L’argomento del balletto si incentra sull’amore tormentato tra Candelas e Carmelo, che avrà, dopo alterne vicende, un lieto fine. Le fonti musicali alle quali Manuel de Falla ha attinto appartengono al repertorio storico della musica spagnola: il canto popolare, i canti andalusi e le danze gitane.

 

La versione di Antonio Gades, intitolata “Fuego”, debuttò a Parigi nel 1989 con grandissimo successo, che si ripeté durante tutta la lunghissima tournée che ne seguì. Ma in Spagna fu rappresentata per la prima volta soltanto nel 2014, in occasione del decimo anniversario della morte dell’artista (avvenuta a Madrid nel 2004 e le cui ceneri riposano a Cuba) per iniziativa della Fundación Antonio Gades, interpretata dagli artisti della Compañia Antonio Gades, con l’orchestra diretta dal maestro Miguel Ortega, che potremo ammirare in novembre al Teatro Regio.

L’originalità della versione di Gades sta soprattutto nell’intento dell’autore di sottrarsi alla fantasia del copione originale, mettendo in scena la storia di un’alienazione mentale, inserita in una ambientazione onirica e tenebrosa, sostenuta dalla straordinaria musica di Manuel de Falla. Tutti gli appassionati di musica classica, balletto e civiltà ispanica saranno dunque felici di poter assistere al Teatro Regio ad uno spettacolo prezioso, di grande impatto emotivo.

Madrid. La conferenza su comunicazione, tecnologia e dignità umana

 

Nella bellissima Galleria di Cristallo di Palazzo Cibele, sede del comune di Madrid, si è tenuta domenica 7 luglio scorso la cerimonia di apertura della conferenza organizzata dalla International Association for Media and Communication Research (IAMCR) dal titolo “Comunicazione, tecnologia e dignità umana: diritti contestati e verità contese” , che si è conclusa l’11 luglio 2019.

La conferenza è stata organizzata dall’Università Complutense di Madrid ed ha visto la collaborazione di numerose altre università ed organizzazioni. Fra i relatori, Javier Gomà, filosofo, saggista e drammaturgo, che ha aperto i lavori parlando di “Dignità, principio rivoluzionario”, ed ancora Jeff Jarvis e Katherine Sarikakis.

Circa 1800 ricercatori, provenienti da 82 Paesi, 29 sessioni tematiche e gruppi di lavoro, decine di presentazioni e dibattiti: questi i numeri della Conferenza che ha visto in Spagna anche una delegazione dell’Associazione Mondiale per la Comunicazione Cristiana, WACC, con la partecipazione di Sarah Macharia e Lorenzo Vargas.

Sarah Macharia, responsabile del programma WAAC su comunicazione e parità di genere, nonché coordinatrice del Global Media Monitoring Project, ha tenuto una presentazione nella sessione pre-conferenza dal titolo “The Future of Media Monitoring”. Inoltre ha fatto parte della Global Alliance on Media and Gender in rappresentanza della WAAC, durante un altro intervento pre-conferenza che ha riunito studiosi ed attivisti coinvolti nella promozione dell’uguaglianza di genere attraverso i media. Sarah Macharia ha illustrato quanto realizzato finora e ciò che resta da fare per promuovere l’uguaglianza di genere nei media nell’era digitale. Si è tenuto anche un seminario sulla “Sezione J” della piattaforma d’azione di Pechino (su genere e media) “per l’implementazione dell’Agenda 2030 e dei relativi obiettivi di sviluppo sostenibile”. In qualità di membro istituzionale della IAMRC, “La WACC è impegnata a promuovere la ricerca collaborativa e trasformata nel campo della comunicazione e dei media” – ha dichiarato Lorenzo Vargas ed ha aggiunto – “La IAMRC è la piattaforma ideale per portare avanti questo tipo di ricerca, in quanto mette insieme studiosi ed attivisti dei media di tutto il mondo, tra cui diversi ricercatori delle principali istituzioni del Sud del mondo che attraverso la ricerca partecipativa, promuovono la formazione di comunità emarginate affinché possano guidare i propri processi di sviluppo e cambiamento sociale”.

Il tema della conferenza “è in linea con l’attuale lavoro della WACC sulla democratizzazione della trasformazione digitale, di cui il mondo è stato testimone negli ultimi 20 anni – ha affermato ancora Lorenzo Vargas, che ha concluso – “Gli attori politici, culturali e della società civile stanno ancora lottando per rispondere in modo efficace alle sfide ed alle opportunità generate dalla tecnologia digitale. Ciò che manca ancora è un approccio globale basato sulla giustizia sociale”.

(Estratto da NEV.it)

 

 

Flores il quartiere di Papa Francesco

Quando l’arcivescovo di Buenos Aires Jorge Bergoglio fu eletto Papa, i cronisti si affannarono alla ricerca di elementi e connotazioni biografiche che potessero attrarre lettori e spettatori. Dopo aver esaurito argomenti come le sue preferenze personali, il mate ed il calcio (elementi tipici della quotidianità di quasi tutti gli argentini), indagarono sulle sue origini scoprendo il quartiere di Flores. Così venne alla luce l’esistenza di questo quartiere, che per gli abitanti di Buenos Aires non presenta alcuna attrazione particolare poiché qui non vi sono centri di interesse turistico né scenari di racconti emozionanti come quelli che si ambientano a Palermo o La Boca. Non trovando molto di più che potesse attrarre il pubblico cui erano rivolte le pubblicazioni o le trasmissioni, si concentrarono su una zona di questo quartiere: la più povera
economicamente. Disagio e povertà hanno sempre rappresentato lo scenario perfetto del passato di qualunque personaggio giunto un giorno sotto i riflettori, e se questi fosse poi un ecclesiastico diventato famoso, cosa si poteva chiedere di più?
Il Bajo Flores divenne dunque un ulteriore elemento di ciò che Enzo Bianchi ha definito come la “papadolatria” e, a causa degli interventi di “opinionisti e di esperti di ogni calibro”, su questo frammento ad ovest della città si formò un’idea confusa. Vi è poi un’altra versione, quella che dall’interno muove verso l’esterno, e che risponde alle domande citando la storia, l’immigrazione, la religione, l’architettura, l’educazione… perché queste permettono la comprensione di ogni luogo del mondo. Tuttavia, parlare di un quartiere di una città diventa un’avventura sconcertante, specialmente se il quartiere appartiene ad una grande città come Buenos Aires, una metropoli nella quale vive
la maggior parte degli abitanti dell’Argentina, popolata da gente proveniente dai luoghi più remoti della Terra e pertanto scenario di avvenimenti di ogni sorta: tensioni politiche, scontri violenti, avventure economiche; una città che, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, era diventata la Parigi dell’America del Sud e che attualmente, come qualunque altra città moderna, si presenta come un conglomerato assurdo in cui le nuove costruzioni impediscono di vederne il passato. Il quartiere di Flores originariamente fu un’area destinata all’agricoltura e all’allevamento a servizio della città. La sua distanza dal centro, l’ampiezza del suo territorio, forse contribuirono a che il popolamento crescesse “in sordina”. Siccome la mia professione consiste nella trasmissione di una lingua e di una cultura, ho creduto opportuno concertare conoscenze differenti relazionandole alle esperienze quotidiane per confutare false credenze e per cercare di dare una spiegazione sul come, forse, la famiglia Bergoglio si radicasse proprio a Flores senza volerlo o, per lo meno, spinta da alcuni fattori che ne influenzarono la scelta.
Questo lavoro non è una guida turistica o una carrellata di ricordi emozionanti o tragicomici: è il racconto di un quartiere che crebbe negli anni fra l’immigrazione collettiva ed il sorgere di una nuova società ove l’apporto di culture differenti e di sistemi politici e religiosi si sono fusi per dare vita ad un ambiente multietnico.
È una narrazione del contesto economico, sociale e politico nel quale Padre Bergoglio, toccato dalla grazia della vocazione, ha germogliato il suo sentimento ecumenico e – grazie alla sua carismatica personalità – ha plasmato uno stile comunicativo e di diffusione della Parola evangelica che ha raggiunto il cuore di miliardi di persone al di là delle differenze etniche, confessionali e culturali.
Il Barrio de Flores è il quartiere di Buenos Aires in cui è nato Jorge Mario Bergoglio e dove ha trascorso la propria vita prima di diventare papa Francesco. È la storia di un borgo tumultuosamente cresciuto negli anni in cui si è consumata l’urbanizzazione della capitale argentina, tra immigrazioni collettive e l’emergere di una nuova società, dove i contributi apportati da diverse culture, sistemi politici e religioni si sono fusi dando vita ad un ambiente multietnico la cui effervescente vitalità si è riverberata per oltre un secolo su tutta la storia dell’Argentina. È la narrazione del contesto economico, sociale e politico in cui padre Bergoglio, toccato dalla grazia della vocazione,
ha germogliato il suo sentimento ecumenico e – grazie alla sua carismatica personalità – ha plasmato uno stile comunicazionale e di diffusione della Parola evangelica che ha ha raggiunto i cuori di miliardi di persone, al di là di ogni differenza etnica, confessionale e culturale.

Un libro per mostrare come in quel quartiere un ecumenismo
di base fosse già ben presente quando l’ecumenismo ufficiale
muoveva i primi passi.

luca maria negro
Presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia

Il libro è una guida essenziale volta alla scoperta del quartiere
del Papa Francesco e della attività ecumenica in esso svolta.

delmo rostan
Moderatore della Chiesa Valdese del Rio de la Plata (1967-1974 e 1997-2000)

Graziella Frola, di nonno piemontese e di confessione valde-
se, nata nell’Hospital Israelita di Flores, il suo quartiere, ap-
partiene forse all’ultima fortunata generazione che a scuola ha
imparato in aula ad essere argentina e in cortile, durante la
ricreazione, ad essere cittadina del mondo.

chiara vangelista
Università di Genova

 

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  • Libreria Luxemburg
    Via Cesare Battisti, 7, 10123 Torino TO.
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    Via San Quintino 6 Torino
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    via Cibrario, 46 Torino
  • Libreria Claudiana Torino
    via Principe Tommaso 1, Torino
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    Piazza Libertà 7, Torre Pellice
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    Via Francesco Sforza 12/A, Milano
  • Libreria Claudiana Firenze
    Via Borgo Ognisati 14/R, Firenze
  • Libreria Claudiana  Roma
    Piazza Cavour 32, Roma
  • Libreria Volare
    Corso Torino 44, Pinerolo

Novità editoriali

Nei prossimi giorni potremo partecipare ad un evento di cui il Colegio de Salamanca è particolarmente felice : la presentazione in Torino della pubblicazione del saggio intitolato “Flores, il quartiere di Papa Francesco. Storia, migrazioni, religioni”, la cui autrice è Graciela Frola, colonna portante ed anima del Colegio, straordinaria insegnante, amica, mentore ed inesauribile fonte di consigli, suggerimenti e sostegno per gli studenti, di qualunque età, che vogliano “entrare” nel mondo straordinario della lingua castigliana. Il testo verrà pubblicato sia in italiano che in spagnolo. A breve informeremo, anche attraverso queste pagine, in merito alla data precisa ed al luogo in cui si terrà la presentazione del libro.

Novità editoriali

Il Colegio de Salamanca da qualche anno segue con grande interesse la produzione letteraria di un ancor giovane ma già affermatissimo scrittore argentino, Andrés NEUMAN, del quale da pochi giorni è uscita in Italia per i tipi di EINAUDI la versione italiana del già apprezzatissimo romanzo “FRACTURA”. E’ inoltre possibile leggere in italiano anche la sua prima, premiatissima opera narrativa “Il viaggiatore del secolo”. Dunque invitiamo tutti gli amici che ci seguono e magari non hanno ancora molta confidenza con il castigliano ad approfittare di questa nuova pubblicazione per fare la conoscenza di un autore di grande talento, riconosciutogli ormai in ambito internazionale.

Leopardi in spagnolo

Il Colegio de Salamanca ringrazia la Regione Marche, che in occasione delle celebrazioni del bicentenario della composizione de “L’Infinito” di Giacomo Leopardi, nel proprio stand al Salone del Libro di Torino 2019 ha voluto omaggiare la lingua spagnola ospite esponendo la versione in castigliano della famosissima opera leopardiana.

SalTo2019. Omaggio agli scrittori latinoamericani

Oltre agli incontri con tanti autori di lingua spagnola, nell’ambito del Salone del Libro, molti artisti, italiani e non, hanno voluto rendere omaggio ad alcune grandissime voci della letteratura latinoamericana. Vogliamo citare qui Fabrizio Gifuni, uno degli attori più apprezzati delle ultime generazioni, che ha evocato, attraverso le loro pagine, due scrittori formidabili, Julio Cortàzar e Roberto Bolaño, diventando l’uno e l’altro in uno spettacolo impossibile da dimenticare.

Anche Neri Marcorè, uno dei più eclettici uomini di spettacolo italiani, anche noto come divulgatore di libri, ha voluto manifestare il suo amore per la letteratura in lingua spagnola rendendo omaggio ad un gigante, il Premio Nobel Gabriel Garcia Márquez. La sua lettura di alcune pagine de “L’amore ai tempi del colera”, per lui qualcosa di più di un libro del cuore, ha entusiasmato il pubblico.

Infine, in occasione della pubblicazione in Italia del romanzo-inchiesta “Gli Oesterheld” di Fernanda Nicoli ed Alicia Beltrami, Vittorio Giacobini e soprattutto la prestigiosa firma del disegno a fumetto José Muñoz hanno voluto partecipare all’ “Omaggio a Hector Gomez Oesterheld“, il quale, desaparecido come le sue figlie negli anni della dittatura argentina, ha creato “L’Eternauta”, ancora oggi riconosciuto come un capolavoro della fantascienza, un punto di svolta nella storia del fumetto ed un’icona delle lotte di liberazione nell’America Latina.

Ricordo di Mario Benedetti

 

Una mostra di quadri, due conferenze e una lettura pubblica di poemi hanno ricordato ieri a Montevideo il grande scrittore uruguaiano Mario Benedetti, morto nella capitale uruguaiana dieci anni or sono, il 17 maggio del 2009. Noi vogliamo ricordarlo attraverso le sue parole, quelle dell’incipit di una delle sue opere più famose, “La tregua”.

 

 

 

Lunes 11 de febrero

Sólo me faltan seis meses y veintiocho días para estar en condiciones de jubilarme. Debe hacer por lo menos cinco años que llevo este cómputo diario de mi saldo de trabajo. Verdaderamente, ¿ preciso tanto el ocio? Yo me digo que no, que no es el ocio lo que preciso sino el derecho a trabajar en aquello que quiero. ¿ Por ejemplo? El jardín, quizá. Es bueno come descanso activo para los domingos, para contrarrestar la vida sedentaria y también como secreta defensa contra mi futura y garantizada artritis. Pero me temo que no podría aguantarlo diariamente. La guitarra, tal vez. Creo que me gustaría. Pero debe ser algo desolador empezar a estudiar solfeo a los cuarenta y nueve años. ¿Escribir? Quizá no lo hiciera mal, por lo menos la gente suele disfrutar con mis cartas. ¿Y eso qué? Imagino una notita bibliográfica sobre “los atendibles valores de este novel autor que roza la cincuentena” y la mera posibilidad me causa repugnancia. Que yo me sienta, todavía hoy, ingenuo e inmaduro (es decir con sólo los defectos de la juventud y casi ninguna de sus virtudes) no significa que tenga el derecho de exhibir esa ingenuitad y esa inmadurez.”

Libri a Buenos Aires … Libri a Torino

Per una curiosa combinazione lo scorso 13 maggio si sono chiusi sia la Feria Internacional del Libro di Buenos Aires che il Salone del Libro di Torino. Ovviamente questa non è la sola circostanza che lega le due prestigiose manifestazioni. Infatti quest’anno a Torino ospite del Salone era la lingua spagnola.

Dunque i quasi 150.000 visitatori del SalTO 2019 hanno avuto la possibilità di incontrare, nello spazio della Plaza de los Lectores all’Oval ed in altre aree del Lingotto, numerosi autori spagnoli e latinoamericani, sia già molto affermati a livello mondiale che giovani e meno giovani esordienti di grande e riconosciuto talento. Tra i tanti ci piace citare dapprima Edurne Portela,

giovane ricercatrice, insegnante universitaria di origini basche che si occupa da sempre del tema della violenza politica e che esordisce nella narrativa con il romanzo “Meglio l’assenza”, in cui narra la storia crudele e perturbante di una bambina che diventa donna in una Spagna attraversata dalla violenza.

Quindi Elvira Navarro, una delle voci più nuove ed originali della letteratura spagnola, autrice dell’opera “La lavoratrice”, un romanzo sulla precarietà del lavoro e dell’esistenza, associata alla malattia mentale.

Poi Maria José Ferrada, autrice di “Kramp”, il romanzo con cui la scrittrice cilena si è aggiudicata i più importanti riconoscimenti letterari del suo Paese. Sullo sfondo buio e tormentato di un Cile oppresso dalla dittatura, splende contrastante lo sguardo poetico e fantasioso di M., la giovane ed indimenticabile protagonista di questo romanzo.

Tra i più apprezzati scrittori argentini citiamo Alan Pauls, che al Salone ha presentato il suo lavoro intitolato “Trance. Autobiografia di un lettore”, nel quale afferma che la strada maestra per diventare un grande scrittore è quella di essere innanzi tutto un grande lettore, ripercorrendo la storia di una passione compulsiva, ostinata e smisurata per la lettura.

Uno degli incontri più attesi dal pubblico è stato quello con uno dei massimi rappresentanti della grande letteratura spagnola contemporanea, José Muñoz Molina, che ha presentato il suo romanzo “Il vento della luna”. 1969: l’uomo sta per posare il piede sul suolo lunare ed un tredicenne assiste emozionato al viaggio dell’Apollo 11. Nella Spagna franchista sospesa tra spinta alla modernità ed oppressione, il giovane coltiva un sogno di libertà che solo la mente di un ragazzo può concepire.

Oltre alla presentazione di nuove opere, gli autori di lingua spagnola sono stati anche impegnati in vari dibattiti tra i quali spicca quello dal provocatorio titolo “La letteratura latinoamericana non esiste”, a cui hanno partecipato Emiliano Monge, Alan Pauls, Claudia Piñeiro, Luis Sepúlveda e Juan Villoro. Essi hanno espresso opinioni diverse ed argomentate su un tema sempre aperto: tra il Rio Bravo e Capo Horn esistono 21 nazioni, si parlano decine di lingue, oltre lo spagnolo ed il portoghese, vi operano scrittori cosmopoliti. Dunque è davvero possibile parlare di “letteratura latinoamericana” al di là della retorica del “realismo magico” ?