Ramón del Valle Inclán

Gli studenti del Collegio de Salamanca, oltre ad apprendere il castigliano fino ai massimi livelli, hanno l’opportunità di fruire in lingua originale delle opere della grande letteratura spagnola ed ispano-americana: oltre ai testi di scrittori noti al grande pubblico, possono scoprire ed incontrare anche autori meno noti ai non addetti ai lavori, ma altrettanto interessanti ed emozionanti, come lo spagnolo Ramón del Valle Inclán.

Lo scrittore nasce in Galizia nel 1866 dove tornerà, dopo aver vissuto in Messico, a Cuba ed a Madrid, e dove morirà nel 1936.

Inizia la sua formazione culturale sotto la guida del padre, di famiglia nobile ma non ricca, e poi si iscrive alla facoltà di Legge di Santiago de Compostela, anche se non è molto dedito agli studi, ma piuttosto alla frequentazione dei circoli culturali galiziani ed alla scrittura. Alla morte del padre si trasferisce a Madrid dove continua a scrivere. Nel 1892 si trasferisce in Messico, prima a Veracruz, dove collabora con vari giornalisti, e poi a Città del Messico, dove viene in contatto con gli ambienti culturali del Modernismo. Dopo una stagione a Cuba, torna in Galizia, ma nel 1896 si stabilisce a Madrid, dove conduce una vita “bohémienne”: frequenta gli ambienti intellettuali più rappresentativi dell’epoca, si veste in modo stravagante, affronta difficoltà economiche, ma diventa un personaggio famoso e stimato tra gli intellettuali.  Nel 1902 inizia la pubblicazione della sua opera omnia e lavora come corrispondente di guerra per vari giornali. Nel 1907 si sposa con l’attrice Josefina Blanco, che accompagnerà in molti viaggi in Cile, Argentina ed Uruguay.

La sua produzione letteraria spazia dal romanzo all’opera teatrale ed alla poesia. La sua evoluzione lo porta dal periodo modernista (“Las sonatas”, “Voces de gesta”, “La lámpara maravillosa”) a quello dell’idealismo (“La guerra carlista”, “Comedias bárbaras”) per giungere al periodo dell’esperpento, dell’assurdo, degli specchi deformanti (“La pipa de Kif”, “Tirano Banderas, “El ruedo iberico”, “Luces de Dohemia”, “Divinas palabras”): nella produzione di quest’ultimo periodo (1920-1935) l’autore dà largo spazio al suo amore per le leggende ed i racconti galiziani, per le gesta eroiche e gli ideali utopistici; al suo interesse per l’esoterico e l’irrazionale, per la cabala ed i fenomeni soprannaturali.

“Tirano Banderas” (1926) è il primo romanzo “esperpentico” di Valle Inclán. Con ogni probabilità si tratta della sua massima opera di narratore. In essa si amalgamano le descrizioni ambientali, il romanzo d’azione e la cronaca romanzata. Le azioni e le descrizioni sono sintetiche, rapide, taglienti e portano ad un finale previsto ma sorprendentemente esplosivo e schematico. Al mondo convenzionale del Tirano Banderas si contrappone l’idealismo utopico dell’altro personaggio rilevante, Roque Cepeda. E’ un romanzo intenso sia concettualmente che formalmente, che con ricchezza e varietà di episodi traccia l’affresco variopinto, complesso ed abbagliante del suo universo narrativo. La vicenda si svolge in un Paese non identificato del Sudamerica ed in un periodo imprecisato. Con pennellate geniali l’autore descrive i personaggi e le istituzioni delle dittature ispano-americane, generate e sostenute dal creolismo conservatore e capitalista di matrice spagnola. L’azione si concentra in soli due giorni, dal momento in cui il tiranno ordina la cattura del colonnello De la Gandara fino alla morte del dittatore ed alla dispersione dei suoi resti in tutto il Paese.  L’opera è percorsa da un crescendo drammatico fino alla tragica scena finale.

Uno degli aspetti più interessanti e straordinari di questo romanzo riguarda la lingua: l’autore rivela una grande maestria nel creare la sua sintassi espressionista, dando vita ad un linguaggio tanto complesso e difficile quanto efficace, intriso di americanismi e proprie invenzioni.

L’autore rappresenta il Tirano Banderas come l’archetipo dei caratteri indios, dell’austerità di costumi, dell’espressione sarcastica e dominatrice che celano a mala pena una grande crudeltà di fondo. Con questo personaggio, il suo più analizzato, sviscerato, indagato lo scrittore traccia il paradigma della durezza degli spagnoli.

Luciana Armellini

 

 

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